Stanchi dei ritardi, un allevatore terremotato su tre ha
deciso di ricostruirsi da solo la stalla per salvare mucche
e pecore lasciate all’aperto a causa degli inaccettabili
ritardi nell’arrivo delle strutture provvisorie annunciate.
E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti nelle Marche
diffusa in occasione dell’inaugurazione della prima stalla
“fai da te” nell’azienda di Vincenzo Massi, allevatore
terremotato di Offida (Ascoli Piceno), uno dei paesi nel
cratere del sisma. La struttura è stata realizzata in
appena venti giorni grazie all’ordinanza “azzera burocrazia”
fortemente voluta dalla Coldiretti dopo i ritardi accumulati
nelle consegne dei moduli stalla provvisori che spesso hanno
evidenziato problemi. Nell’area del cratere l’inverno
climatologico – ricorda la Coldiretti – è finito con solo
33 stalle in grado di ospitare gli animali sulle 1400
necessarie e si è dovuto cercare una strada alternativa per
salvare gli allevamenti dopo una strage di diecimila
animali.
La costruzione in proprio delle stalle da parte degli
allevatori è una possibilità prevista dall’ordinanza 5 del
decreto terremoto che sino ad oggi – denuncia la Coldiretti
– è rimasta sostanzialmente inapplicata a causa dei troppi
vincoli a partire da quello che impone strutture similari a
quelle dei bandi, mentre basterebbe dare semplicemente un
tetto massimo di spesa e permettere agli allevatori di
costruirsi la stalla provvisoria più adatta alle loro
esigenze. E lo stesso dovrebbe valere per i moduli abitativi
per gli agricoltori. Una necessità perché ad oggi per
colpa della burocrazia quasi 9 animali “sfollati” su 10
(l’85%) non possono essere ospitati nelle stalle provvisorie
annunciate e gli allevatori – sottolinea la Coldiretti – non
sanno ancora dove ricoverare mucche, maiali e pecore
sopravvissuti, costretti al freddo, con il rischio di
ammalarsi e morire, o nelle strutture pericolanti, mentre si
è ridotta del 30% la produzione di latte per lo stress
provocato dal freddo e dalla paura delle scosse.
Ma per dare finalmente risposte concrete agli allevatori
terremotati occorre – sottolinea Coldiretti – anche
accelerare nel percorso di realizzazione delle stalle
provvisorie previste con i nuovi bandi regionali, in
parallelo alle stalle “fai da te”. Nell’ottica di una
ricostruzione di lungo periodo occorre poi intervenire sulle
Ordinanze 8 e 13 che prevedono il rafforzamento, la
riparazione e ricostruzione degli immobili, estendendone
l’arco temporale di intervento al fine di comprendere gli
eventi sia sismici che calamitosi di gennaio 2017. Ma sono
urgenti anche – spiega Coldiretti – il ripristino delle reti
viarie e misure concrete di sostegno alle imprese
terremotate. Dal pagamento degli aiuti comunitari relativi
al piano di sviluppo rurale dell’Unione Europea fino a
quelli previsti dalle misure straordinarie per il mancato
reddito degli allevamenti (400 euro/capo bovino, 60
euro/capo ovi caprino, 20 euro/capo per suino e 45 euro/capo
per le scrofe e 100 euro/capo ad equino), per garantire
liquidità e far fronte dai danni subiti (bestiame morto,
crollo di vendite, ecc.). Per il rilancio delle aree colpite
sono inoltre – aggiunge la Coldiretti – necessarie massicce
misure di sostegno con sgravi fiscali per famiglie, imprese
e per chi investe nelle aree terremotate, oltre a incentivi
per favorire e accelerare la ripresa e i flussi turistici,
con la detraibilità delle spese sostenute dai turisti per i
soggiorni nelle strutture ricettive agrituristiche e un
sostegno ai consumi dei prodotti delle aree colpite. Intanto
è positiva – conclude Coldiretti – la decisione di
riconoscere il danno indiretto per tutti gli agriturismi
nelle province colpite dal sisma, come approvato dalla
Camera dei Deputati in sede di conversione in disegno di
legge del nuovo dl sul terremoto.
Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia
agricola che occorre ora sostenere concretamente per non
rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento”, ha affermato
il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel
sottolineare l’esigenza che “la ricostruzione vada di pari
passo con la ripresa dell’economia che in queste zone
significa soprattutto cibo e turismo”.
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