di Paolo Di Lorenzo
La risposta di Guglielmo Rositani all’attacco di Repubblica non s’è fatta attendere. Il consigliere Rai ha denunciato l’azione di “fonti interne” all’azienda che mirano semplicemente a infangare la sua fama di irreprensibile “tagliacosti”, come anni fa gli fu riconosciuto anche dall’Espresso.
In un momento particolare come questo, anche la pubblicazione di una lista di spese autorizzate per un importo tutto sommato minimo e pari a meno della metà di quanto viene concesso ai consiglieri d’amministrazione Rai come spese di rappresentanza, può scatenare una paradossale “caccia alle streghe” verso i personaggi sbagliati. E per tacitare qualsiasi chiacchiera, la prima cosa che Rositani ha fatto è stata quella di restituire la carta di credito aziendale: meglio rinunciare a un benefit autorizzato e legittimo – è questo il pensiero di Rositani – che lasciarsi trascinare ancora in una polemica di basso profilo. Meglio rinunciare a diecimila euro di rimborsi annuali ma vivere sereno: e Rositani ha rinunciato. Non rinuncia invece il consigliere a rispondere a un’insinuazione che a Repubblica è già costata una querela: il fatto, cioè, che la maggior parte delle spese siano state effettuate a Rieti. Rieti è la città dove il consigliere vive e dove ha sempre, in questi anni, incontrato per esigenze di interesse aziendale i personaggi del mondo della televisione, del cinema, dello spettacolo, e gli interlocutori istituzionali della Rai. «E il fatto che siano venuti loro a Rieti – ci scherza su – è anche una questione di rispetto per la mia età. Non sono più un ragazzino, e se posso chiedo alla gente di venirmi a trovare dove abito…».
Ma ci sono anche solide ragioni di rispetto rigoroso delle norme aziendali dietro l’amarezza di Rositani, e l’ostinazione con cui ha voluto ribattere alla “lista” pubblicata dal quotidiano romano accompagnata da un titolo sibillino. Le spese di rappresentanza sostenute, infatti, rientrano tutte nei criteri indicati dalle circolari interne aziendali, che prevedono tra le altre cose il rimborso motivato di colazioni e rinfreschi offerti a personalità, omaggi floreali, oggetti simbolici di regalo e altre forme di ospitalità. C’è una circolare di qualche anno fa, reiterata da una comunicazione del Direttore Generale dello scorso settembre, che fa rientrare nelle spese di rappresentanza e negli omaggi l’acquisto di beni e servizi per ragioni «di immagine o di prestigio»: colazioni, convegni, e anche beni-omaggio di valore superiore ai 25 euro, con l’unica avvertenza – ribadita recentemente dalla Corte dei Conti- che gli omaggi non devono “arricchire” il beneficiario.
Se fossimo in una situazione normale, tutto questo chiasso verrebbe immediatamente ricondotto alla classica tempesta nel bicchiere d’acqua. E invece, complice anche l’atmosfera di incertezza e tensione che aleggia intorno alle vicende Rai, anche una vicenda priva di qualsiasi rilevanza pubblica viene sbattuta in prima pagina. Forse Rositani, persuaso di essere vittima di una vera e propria operazione di killeraggio politico animato da forze interne alla Rai, paga anche l’ostinata riservatezza con cui ha condotto in questi anni la sua attività di consigliere, rifiutando per lungo tempo di rilasciare dichiarazioni o interviste ai giornali.
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